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ConALTRImezzi

25 gennaio 2010

Questa piccola storia collettiva, non ignobile, solo un filo ingenua, è cominciata una sera di luglio. Con l’sms di un amico: “sei ancora a Padova? Ci vediamo alle sette sulla scalinata in piazza?”.
Io, in effetti, ero ancora a Padova. A studiare storia contemporanea, per la precisione. E alle sette di sera, tra la scalinata e la rivoluzione americana non c’era proprio gara. Quindi, sulla scalinata.

Sulla scalinata, guardando quella piazza che, fin dal primo anno, è il mio vero punto debole padovano, abbiamo cominciato a parlare. Dell’università, delle rispettive tesi (o, meglio, della sua tesi vera e della mia tesi allora totalmente ipotetica) e del passato. Di molto passato, e non necessariamente un passato che avevamo condiviso.
Intanto la scalinata era sempre più deserta, ed era esattamente quel momento incredibile in cui le giornate d’estate si arrendono e, mentre il termometro scende di mezzo grado, cominci a sentirti perfettamente in equilibrio con l’universo. È una sensazione che dura all’incirca quindici secondi, ma capita. Ed è quello il bello del tramonto. Sì, ok, poi ci sono anche il cielo viola, le rondini in volo e il raggio verde, siamo d’accordo. Ma entrare per un secondo nella lunghezza d’onda del fragilissimo equilibrio cosmico, non c’è storia, è assai più appagante.

Ecco, mi rendo conto che messa giù così la scena sembra tratta da un film per la Tv. Di quelli di quart’ordine, tra l’altro. E forse lo sarebbe stata, se a quel punto il mio amico mi avesse confessato il suo imperituro amore mentre Allevi suonava il piano in sottofondo. Però la cosa non è andata esattamente così.
In quel momento di fragilissimo equilibrio cosmico, il mio amico ha detto “e se organizzassimo un gruppo di scrittura, il prossimo anno? Una cosa tra noi, senza mettere di mezzo la facoltà. Per dare un po’ una mossa all’ambiente”. E a me, in quel preciso istante, è sembrata un’idea fantastica. Prima di cena, avevamo stabilito le linee portanti del progetto, la filosofia che ci stava dietro, gli obiettivi, il metodo di lavoro. Eravamo estasiati dall’idea di ragionare autonomamente su un argomento, letterario o meno, di parlarne insieme, di scrivere il frutto di tutto questo mettere in moto i neuroni, commentare la scrittura, realizzare “un foglio”. E poi chissà.
Ci siamo alzati da quegli scalini completamente galvanizzati. E siamo andati ad aspettare che il tramonto finisse, e arrivasse ottobre.
 
Poi ottobre è arrivato, io e il mio amico abbiamo scritto la lettera di convocazione del progetto, qualcuno ci ha risposto, e abbiamo cominciato a incontrarci su quella stessa scalinata. Poi, dopo un mezzo assideramento collettivo a novembre, abbiamo deciso di provare a chiedere un’aula all’università. Incredibilmente l’abbiamo avuta, e in maniera quasi regolare. Contro ogni mia aspettativa, siamo riusciti a lavorare rimanendo molto vicini, nello spirito e nel metodo di lavoro, al piano che avevamo elaborato a luglio, ed è nato il numero zero del nostro foglio. Sono venute fuori 28 pagine. Ecco: questo, ammetto, non ce l’aspettavamo.
Oggettivamente, in tutto questo c’è molto da migliorare. Non sono ancora riuscita a convincere il gruppo ad abbracciare il Verbo della correzione delle bozze, ma confido che, entro il numero uno, riusciremo a sistemare un po’ anche questa cosa. Alcuni articoli sono troppo lunghi. Altri sono un filo troppo auto compiaciuti. Altri, andavano impostati un po’ meglio, mancano di elementi che per l’autore sono scontati, ma magari per un lettore esterno no. Forse siamo noiosi. Forse siamo troppo ingenui. Forse l’obiettivo che ci eravamo posti era troppo, per noi. C’è ancora molto da lavorare, insomma, questa è l’unica cosa di cui siamo certi. Come dice nell’editoriale di apertura il mio amico, quello della scalinata, non ci offenderemo se qualcuno ci chiamasse un tentativo. Ma siamo felici di tentare a muovere questi primi passi, di provarci, e di autopubblicizzarci, anche, mettendo da parte almeno per un po’ la vergogna e l’oggettività. Io, poi, sono segretamente felice anche del fatto che quel tramonto perfetto di luglio sia arrivato fino a qui, sia diventato una cosa vera, che scalda questo gennaio assiderato.
 
Se qualcuno avesse voglia di leggere il frutto di tutto questo parlare, può sfogliare la rivista on-line qui e scaricarla, con sessanta secondi di pazienza, qui. Spero, sinceramente, che a qualcuno possa piacere. Un commento su questi primi passi sarebbe fondamentale, per noi, per provare a capire che strada prendere.

2 commenti

  1. Confesso che non ho ancora avuto tempo di leggere a fondo tutti gli articoli e che quindi il mio parere è parziale. Mi piace moltissimo il vostro "tentativo" per il semplice fatto che esiste ed è qualcosa di radicalmente diverso dai fogli studenteschi che abitualmente mi capitavano sottomano negli anni universitari. Si capisce che non volete "fare un giornalino" ma creare cultura. E questa è una cosa bella e preziosa.
    Il mio consiglio è: siate inflessibili con voi stessi, prima che con chiunque altro. Correggetevi a vicenda finché non siete sicuri, almeno provvisoriamente, di aver plasmato al meglio la vostra opera. Se volete lasciare dietro di voi qualcosa di necessario e significativo, non c’è altra strada che questa.
    Quando avrò letto tutto per intero ti spedirò qualche commento più dettagliato via email.
    Continuate così!
    Ciao, Guido


  2. […] firma hanno segnato l’ingresso nel mondo delle cose “burocraticamente vere” di quell’entità virtuale sognata molte estati fa su una scalinata, in piazza. Da oggi, quel sogno ha un nome e un numero di […]



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