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295. Magico

22 ottobre 2013

C’era una volta una bambina che, la mattina del suo compleanno, appena sveglia si stropicciava gli occhi guardandosi attorno con aria vagamente sorpresa. Quella stessa bambina, poi, seduta in una cucina che negli anni sarebbe rimasta sempre incredibilmente uguale a se stessa, scartava laboriosamente Baci perugina avvolti in carta colorata, sorridendo di una felicità impossibile da dire con parole adulte. Aveva i capelli spettinati, quella bambina, e a colazione beveva latte e ovomaltina. Del mondo attorno a lei sapeva poche cose, ma quelle poche le sapeva con stupefacente e solida chiarezza: sapeva, ad esempio, che la realtà è grande e complicata, e che nelle cose piccole sono nascosti interminabili segreti. Sapeva di avere attorno braccia forti e mani pronte a prenderla in caso di bisogno, e sapeva che le cose belle fanno ridere, anche se spesso non si sanno spiegare. Sapeva tossire e parlare, quella bambina di una volta, e – anche se non capiva quasi nulla di quello che accadeva attorno a lei – in fondo non aveva paura di niente, certa com’era di avere dalla sua parte un solido bagaglio di sguardi adulti e di cioccolatini incartati in involucri colorati pronti ad accorrere in suo aiuto in caso di bisogno.

Quella bambina di una volta, che sembra sepolta nella nebbia di un’abissale lontananza, era incredibilmente vicina, questa mattina, mentre la radio di casa si accendeva sulle note di questa musica semplice, antica e infantile insieme, miracolosa nella sua capacità di restare dentro chi l’ascolta per sempre, una volta che si è depositata lieve dentro la scatola leggera della coscienza. Quella musica, oggi, la accompagnava in un nuovo giorno in cui non c’erano cioccolatini nascosti, né carta colorata da strappare al tavolo della colazione, ma in cui ugualmente lo spazio per la bellezza c’era, e si gonfiava un secondo dopo l’altro pronto a riempirsi di quei minuscoli dettagli di mondo che, nei giorni un po’ speciali, sfasano di qualche millimetro i contorni di tutte le cose consuete e le rendono uniche pur nella loro banalità. E c’erano altri regali, altre braccia, altre mani e altre parole, in questo giorno così diverso da quello di allora: ma in questa musica, quella bambina di un tempo eternamente viveva, con i suoi capelli spettinati, i suoi colpi di tosse, il suo indicibile, immotivato ed emozionato entusiasmo capace di riempire di senso una cosa elementare, fragile e fuggevole – ma nonostante questo fatalmente bella – come un compleanno.