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41. Blancanieves

10 febbraio 2015

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Mettete insieme tutta la grazia e tutto il sangue del mondo, tutto lo splendore delle cose antiche ed eterne come le favole, tutta la bellezza dei corpi che danzano e scappano e lottano, e otterrete Blancanieves. Otterrete, per dirlo in un altro modo, la meraviglia più scintillante e assoluta, talmente consapevole di se stessa da poter anche fare un passo indietro e non dichiararsi a voce troppo alta, sicura che comunque nemmeno una briciola della sua forza finirà per andare perduta.
Non si può non farsi incantare da questo film fatto tutto di occhi, solo di occhi, di occhiate, di sguardi che si fissano gli uni negli altri e che inchiodano anche lo spettatore più cinico e smaliziato, obbligandolo a farsi conquistare da questa storia di crudeltà e di toreri, tutta aggrappata alla speranza di un lieto fine sottile come una lacrima.
Questo film è provocatorio e perfetto, limpido, cristallino. È un film –  come è inevitabile, quando si ha a che fare con le favole – che chiama in causa l’assoluto e lo mastica, lo attraversa, lo re-interpreta eternamente, per poi restituirlo intatto e immacolato, più smagliante e luminoso che mai, agli occhi di chi guarda, che non sono altro che nuovi occhi che entrano nel gioco di sguardi di questo film.
Non è possibile non farsi ammaliare da questa interminabile danza di nacchere, violenza, merletti e pupille, non è possibile chiamarsi fuori dalla sua carica vitale e allo stesso tempo tragica. Ed è meraviglioso entrare in quel rimescolarsi di volti e di gesti, nei rimbalzi di quelle occhiate che si sfidano, e che contemporaneamente sfidano anche noi a entrare nell’eterno circolo di questa storia. E ad avere paura e coraggio, ancora una volta, mentre fuggiamo nel bosco con lei.

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